
Le partite cominciavano alle tre, il fischio d'inizio era la campanella, quella era una messa laica, loro erano i sacerdoti del rito, noi i fedeli.
Ed era sempre domenica.
Tutti in piedi nel nome del calcio" fratelli siamo qui riuniti per celebrare eccetera eccetera. Eravamo lì: riuniti.
Allo stadio, lo vuoi un caffè borghetti?
Nei nostri fumosi tinelli, dopo il pranzo della domenica, seduti davanti alla radio, a vedere niente per immaginare tutto. In giro per la città, a fare dell'altro, vivere amare capirsi direbbe qualcuno, e a cogliere frammenti di un 'emozione che gracchiava e cominciava sempre con un: "Scusa Ameri, ti interrompo da San Siro».
Quel momento, lì: estasi pura. Quel momento di silenzio, c'era Ameri che prendeva fiato, era il gol che stava arrivando, da lontano:sospensione del tempo e della spazio, chi siamo e dove andiamo.
E alla fine andavamo, in pace, con noi stessi e con la nostra fantasia piena di gol che nessuno; se non noi, aveva visto con gli occhi di chi ama:
"Prohaska allarga per Falcao, cross di Conti, Pruzzo, Pruzzooooo, Pruzzoooooooooooo. Rete dicevano, gol sembrava (era?) una parola straniera. "Dacci oggi il nostro pane quotidiano:ce lo davano, una volta alla settimana, bastava quella. Bastavano le mille dosi e nessuno correva il rischio di ingozzarsi di processi e moviole, anticipi, posticipi e assurdi gironcini di coppe che non riconosciamo più.
Nostalgia canaglia, mai tanta come oggi.
Quando le partite cominciavano, alle tre avevamo, poche certezze, ma almeno ce le avevamo.
I numeri andavano dall'uno all'undici; recitarli era un piacere:
Zoffgentilecabrini, dimostrazione che la poesia quando centra il cuore parte dai posti più impensati.
Il portiere di riserva aveva il 12, non il 78.
Giorgio Bubba stava a Genova, farcelo vedere una volta da Catanzaro avrebbe causato alla nostra generazione piu danni dell'ecstasi,
Le maglie erano di lana spessa, i calzoncini strizzati, le scarpe da calcio erano strumenti di un mestiere,
non roba da Matrix.
Alla schedina vinceva chi faceva tredici: bella e semplice. Troppo semplice, vero? La liturgia aveva tempi ben precisi, dovevi esserci in quel momento lì e basta, c 'era più tempo per emozionarsi e gustarsi l'emozione.
Pensate: per essere felici non serviva neanche il decoder.
E ancora: «Tutto il calcio minuto per minuto» ,
Alfredo Provenzali gran mogol dallo studio, le casse di vino, per chi segnava il primo gol del campionato, sono Luzzi dal Cibali: gli orobiçi hanno rimontato un gol agli ostici etnei. C'era una sola persona che aveva i diritti delle nostre emozioni in esclusiva, si chiamava Paolo Valenti ed era bello farci raccontare la domenica da uno che aveva il suo stile. Ta-ra-tattara-tatta-tarattatà-ta-ta, solo i cuori di pietra e i poveri di spirito rimangono indifferenti davanti alla sigla di
«Novantesimo minuto»: prendi il carillon e dagli un altro giro, continuiamo così facciamoci del male.
Perché noi abbiamo visto cose che voi umani non potreste immaginarvi:
Maradona magro, Platini che se ne va sotto la pioggia facendo, ciao con la mano, era un addio,
Bagnoli col cappello da ferroviere che vince uno scudetto. Oggi siamo nel mezzo di un'orgia da fast- football, ma non abbiamo facce felici e soprattutto non sappiamo più da che parte girarci.
Com'era alla fine di "Tutto il calcio»? Se la tua squadra del cuore ha vinto brinda con Stock '84, se la squadra del cuore ha perso consolati con Stock '84.. Consoliamoci, che è meglio, perché tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia,
scusa Ameri e scusa Ciotti per quello che sta succedendo, qualcuno dia la linea a Tonino Carino da Ascoli, qui piove parecchio, piove sul nostro AMOR.
Ed era sempre domenica.
Tutti in piedi nel nome del calcio" fratelli siamo qui riuniti per celebrare eccetera eccetera. Eravamo lì: riuniti.
Allo stadio, lo vuoi un caffè borghetti?
Nei nostri fumosi tinelli, dopo il pranzo della domenica, seduti davanti alla radio, a vedere niente per immaginare tutto. In giro per la città, a fare dell'altro, vivere amare capirsi direbbe qualcuno, e a cogliere frammenti di un 'emozione che gracchiava e cominciava sempre con un: "Scusa Ameri, ti interrompo da San Siro».
Quel momento, lì: estasi pura. Quel momento di silenzio, c'era Ameri che prendeva fiato, era il gol che stava arrivando, da lontano:sospensione del tempo e della spazio, chi siamo e dove andiamo.
E alla fine andavamo, in pace, con noi stessi e con la nostra fantasia piena di gol che nessuno; se non noi, aveva visto con gli occhi di chi ama:
"Prohaska allarga per Falcao, cross di Conti, Pruzzo, Pruzzooooo, Pruzzoooooooooooo. Rete dicevano, gol sembrava (era?) una parola straniera. "Dacci oggi il nostro pane quotidiano:ce lo davano, una volta alla settimana, bastava quella. Bastavano le mille dosi e nessuno correva il rischio di ingozzarsi di processi e moviole, anticipi, posticipi e assurdi gironcini di coppe che non riconosciamo più.
Nostalgia canaglia, mai tanta come oggi.
Quando le partite cominciavano, alle tre avevamo, poche certezze, ma almeno ce le avevamo.
I numeri andavano dall'uno all'undici; recitarli era un piacere:
Zoffgentilecabrini, dimostrazione che la poesia quando centra il cuore parte dai posti più impensati.
Il portiere di riserva aveva il 12, non il 78.
Giorgio Bubba stava a Genova, farcelo vedere una volta da Catanzaro avrebbe causato alla nostra generazione piu danni dell'ecstasi,
Le maglie erano di lana spessa, i calzoncini strizzati, le scarpe da calcio erano strumenti di un mestiere,
non roba da Matrix.
Alla schedina vinceva chi faceva tredici: bella e semplice. Troppo semplice, vero? La liturgia aveva tempi ben precisi, dovevi esserci in quel momento lì e basta, c 'era più tempo per emozionarsi e gustarsi l'emozione.
Pensate: per essere felici non serviva neanche il decoder.
E ancora: «Tutto il calcio minuto per minuto» ,
Alfredo Provenzali gran mogol dallo studio, le casse di vino, per chi segnava il primo gol del campionato, sono Luzzi dal Cibali: gli orobiçi hanno rimontato un gol agli ostici etnei. C'era una sola persona che aveva i diritti delle nostre emozioni in esclusiva, si chiamava Paolo Valenti ed era bello farci raccontare la domenica da uno che aveva il suo stile. Ta-ra-tattara-tatta-tarattatà-ta-ta, solo i cuori di pietra e i poveri di spirito rimangono indifferenti davanti alla sigla di
«Novantesimo minuto»: prendi il carillon e dagli un altro giro, continuiamo così facciamoci del male.
Perché noi abbiamo visto cose che voi umani non potreste immaginarvi:
Maradona magro, Platini che se ne va sotto la pioggia facendo, ciao con la mano, era un addio,
Bagnoli col cappello da ferroviere che vince uno scudetto. Oggi siamo nel mezzo di un'orgia da fast- football, ma non abbiamo facce felici e soprattutto non sappiamo più da che parte girarci.
Com'era alla fine di "Tutto il calcio»? Se la tua squadra del cuore ha vinto brinda con Stock '84, se la squadra del cuore ha perso consolati con Stock '84.. Consoliamoci, che è meglio, perché tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia,
scusa Ameri e scusa Ciotti per quello che sta succedendo, qualcuno dia la linea a Tonino Carino da Ascoli, qui piove parecchio, piove sul nostro AMOR.
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